12 Ago Perché nessuno sia più legato, ricordando Elena
Un articolo di Giovanna del Giudice su il manifesto del 12 agosto 2020
Un anno fa, il 13 agosto 2019, nel Servizio psichiatrico dell’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo, moriva Elena Casetto, 19 anni, trovata carbonizzata nel suo letto legata mani e piedi a seguito di un incendio scoppiato nel reparto, forse dalla sua stanza.
Qualche minuto prima Elena era stata scoperta dagli infermieri mentre tentava il suicidio. Fu allora “bloccata” (legata) al letto e lasciata sola nella stanza chiusa a chiave. Al suo dolore, alla sua richiesta di aiuto, l’istituzione rispose con un gesto violento, di negazione e di abbandono, togliendole dignità e rispetto. Quale sarà stata la sua rabbia, il senso di impotenza e di annientamento?
Ritorna il ricordo di Antonia Bernardini, morta la notte del 31 dicembre del 1974, dopo quattro giorni di agonia, per le ustioni riportate nell’incendio prodottosi nella stanza dove era legata da 43 giorni, nel manicomio criminale femminile di Pozzuoli. Dopo la morte di Antonia il manicomio criminale di Pozzuoli fu chiuso.
Oggi, dopo la morte di Elena, chiediamo che nessuno più sia legato e che le istituzioni, le comunità, costruiscano città libere da contenzione.
Nel primo anniversario della morte di Elena, il Comitato promotore di Bergamo libera da contenzione invia una lettera aperta alla stampa e alle istituzioni di Bergamo.
Nella lettera si ricorda la mobilitazione del 13 febbraio scorso, quando le forze componenti il Comitato (Forum delle Associazioni per la salute mentale di Bergamo, Unione Regionale Associazioni per la Salute Mentale della Lombardia, Campagna …E tu slegalo subito, Conferenza nazionale Salute Mentale insieme a rappresentanti di associazioni, componenti del Comitato Nazionale di Bioetica, della Casa della Carità di Milano) si sono riunite a Bergamo per ricordare Elena e lanciare una iniziativa (allora prevista per il 2 aprile) dal titolo Città libere da contenzione. Insieme si può, chiedendo al Sindaco di Bergamo di diventare “garante” di questo processo.
Scrive il Comitato: “Da quel 13 febbraio sembra passato un tempo infinito. In questi mesi tante altre morti hanno devastato Bergamo. Il Covid 19 si è abbattuto sulla città. La comunità ha subito sofferenze indicibili, drammatiche perdite di donne e uomini, morti spesso senza la vicinanza di una persona cara. L’appuntamento del 2 aprile non ha avuto luogo.
Ora la città con la forza e tenacia dei suoi cittadini si sta risollevando. Ma le ferite restano aperte, il dolore e la sofferenza rimangono. Come rimane il dolore per Elena che, ad un anno dalla sua morte, vogliamo non dimenticare. Elena che scriveva poesie, che voleva studiare a Londra, che chiedeva aiuto per il suo dolore.
E vogliamo farlo dicendo che nessuno sia più legato, che nessuno più muoia solo. Che la contenzione, pratica inumana, che toglie dignità, soggettività, storia e riduce l’altro/a a corpo da domare, sia abolita in tutti i servizi che assistono persone fragili, in modo da costruire Città libere da contenzione”.
Questo è il tempo. Il Paese sta ripensando, dopo l’epidemia del Covid, le proprie politiche sociali e sanitarie. La crisi ha evidenziato la centralità dei servizi territoriali, sociali e sanitari. Servizi aperti, radicati nei territori, che operano nelle case e nei luoghi della comunità, che mantengono un rapporto di continuità, di vicinanza, di supporto, perfino “di vigilanza” in particolare nelle situazioni di maggiore vulnerabilità e fragilità. Capaci di valorizzare le risorse, pure residue del soggetto, della famiglia, del vicinato, del contesto, prevenendo e riducendo l’istituzionalizzazione..anche per superare la contenzione, dobbiamo costruire percorsi di cambiamento culturale, organizzativo e gestionale nelle politiche sociali e sanitarie che mettano al centro le persone, i loro diritti, la loro dignità, coinvolgendo la comunità tutta. Perché nessuno più sia legato.