26 Mar La salute mentale ai tempi della Covid-19
Di Norina di Blasio, su Senti chi parla del 26 marzo 2020
***L’intervista a Fabrizio Starace è stata girata in data 22 marzo 2020, i contenuti fanno quindi riferimento a quella fase dell’emergenza.***
Partiamo dalla percezione delle nostre vite in questi giorni di ‘lockdown’. Concentriamoci su sensazioni e concetti specifici che sicuramente a fasi alterne ci riguardano tutti: sospensione, tempo dilatato, equilibri da riconquistare giorno dopo giorno, disagio di sottofondo. Proviamo ad immaginare poi, per un attimo, di calarci nella situazione di persone che convivono da tempo con il disagio psichico o con disturbi psichiatrici gravi, magari accudite da genitori anziani, talvolta costrette in appartamenti minuscoli, in contesti relazionali complessi e basati su equilibri labili. Da questa prospettiva è facile immaginare come basti poco a ché la situazione possa degenerare.
Ci sono persone che più di altre hanno bisogno di relazione, di affettività, di ascolto; elementi che tra gli altri sono pilastri del loro percorso di cura.Sono queste persone che forse con più difficoltà riescono a gestire le misure di distanziamento sociale messe in atto per affrontare l’emergenza sanitaria posta dalla Covid-19. “Non stupisce così il dato sull’aumento del numero dei Tso a Torino di qualche giorno fa”, sottolinea Fabrizio Starace, presidente della Società Italiana di Epidemiologia Psichiatrica (Siep). “Occuparsi del sistema di cura per la salute mentale in un’emergenza come quella da coronavirus anche solo per la questione Tso è come occuparsi solo oggi dei posti in medicina intensiva dopo anni di tagli ai posti letto e al personale sanitario”.
“Viviamo una condizione straordinaria che richiede di affinare la nostra capacità di mettere in campo strumenti eccezionali. Le principali criticità riguardano la mancanza di coordinamento: ciascuno, come spesso è accaduto anche in passato, si sta attrezzando al meglio delle proprie conoscenze o in coerenza con le indicazioni che riceve dalla propria amministrazione regionale”, sottolinea Starace. E se all’inizio le difficoltà operative riscontrate nei Servizi di salute mentale erano soprattutto legate all’assenza di indicazioni da parte del Ministero, delle Regioni e dei Dipartimenti, il problema specifico è stato poi quello di riorganizzare l’attività dei servizi.
A partire dai Centri diurni, spiega Starace: “si tratta di contesti in cui lo stare insieme in relazione è alla base della presa in carico, motivo per cui è stato necessario sospendere le attività o limitarle, attivando ove possibile gli interventi domiciliari e riducendo al minimo quelli ambulatoriali; valutando sulla base del quadro clinico o delle possibilità di una riacutizzazione”.
Anche le attività dei Centri di salute mentale sono ridotte all’indispensabile e nella migliore delle ipotesi sono state sostituite con interventi condotti via telefono, in videochiamata o in videoconferenza con l’uso delle nuove tecnologie, semprechè le amministrazioni abbiano avuto la prontezza di dotare i servizi di questi strumenti.
E questa è solo una delle criticità. “Nel cercare di verificare come i servizi territoriali di salute mentale si stessero organizzando rispetto alle disposizioni della Presidenza del Consiglio dei ministri, il problema è stato confrontarsi con l’indicazione della sospensione dell’attività ordinaria ambulatoriale, con la motivazione che gli operatori non avevano i dispositivi di protezione individuale”, aggiunge Gisella Trincas, dell’Unione nazionale delle associazioni per la salute mentale, nell’intervista Covid-19 e l’isolamento delle persone con disturbi di salute mentalerilasciata a Forward.
Questa sospensione, tranne poche eccezioni, ha riguardato quasi tutto il territorio nazionale, con l’ulteriore criticità che la responsabilità di decidere quali fossero le attività non rimandabili è stata demandata alle singole realtà, al singolo operatore. “Chiudere l’attività ambulatoriale significa lasciare le persone sole, abbandonate, con tutte le difficoltà che già esistevano nel sistema salute mentale in Italia”, tuona Trincas.
Le azioni e le politiche di intervento hanno risentito ancora una volta della disomogeneità di culture, di trattamenti e di risorse che da sempre caratterizzano il sistema di assistenza per la salute mentale nel nostro Paese. “Ci sono Regioni come il Friuli Venezia Giulia, la Toscana, l’Emilia Romagna in cui le attività ambulatoriali e territoriali sono rimaste in piedi, con tutte le precauzioni a cui gli operatori devono ottemperare, mantenendo anche l’attività domiciliare”, ha precisato.
Se nasci e vivi in alcune Regioni più fortunate del nostro paese e vivi un disagio tale da non poter essere lasciato solo, anche in questa emergenza, l’assistenza domiciliare e ambulatoriale è mantenuta. In altre Regioni, la maggior parte, sei solo. La “lotteria del codice fiscale”.
“La preoccupazione non è solo per il mondo della salute mentale, ma è anche per le persone che soffrono di Alzheimer e frequentavano i centri diurni, per i minori seguiti dalla neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza, per le persone disabili”, è il cuore dell’appello accorato alle istituzioni, più volte interpellate, con cui si conclude l’intervento di Gisella Trincas su Forward. “Rispetto alla questione ‘Come sostenere le persone fragili?’, noi abbiamo registrato un’assenza grave e preoccupante da parte del governo”.
Poi ci sono i Servizi psichiatrici di diagnosi e cura (Spdc). “A livello ospedaliero, vi sono in Lombardia, ma anche in altre Regioni, Spdc che sono stati dedicati all’Assistenza intensiva alle persone con patologia Covid-19; si è assistito quindi ad una riduzione significativa dei posti letto destinati ai pazienti con problemi di salute mentale”, aggiunge Starace.
Di contro operare negli Spdc rimasti aperti per le consulenze o gli interventi urgenti di pronto soccorso, di fronte a pazienti positivi al Sars-CoV2 o che presentano sintomatologia sospetta, significa gestire la protezione degli operatori sanitari con indicazioni che, ricorda Starace, “non sempre sono applicabili a contesti e situazioni acute, in cui la persona con sintomi psichiatrici non è collaborativa”. In questi casi occorre applicare un livello di protezione molto più elevato, ma bisogna fare i conti con le difficoltà applicative, prima fra tutte quella di approvvigionamento dei necessari dispositivi di protezione, oggi ancora molto scarsi.
Con l’obiettivo di promuovere una più omogenea gestione delle attività dei Dsm in corso di emergenza da Covid-19 e perseguire un livello più elevato di protezione di operatori, utenti e familiari, la Siep si è attivata per produrre un documento con le istruzioni operative, inviato per osservazioni ed integrazioni al tavolo tecnico del Ministero della salute. Si tratta di una serie di istruzioni operative, un riferimento minimo, aperto ad aggiornamenti continui, alla luce dell’andamento e dal livello di controllo o diffusione dell’epidemia.
“Sarebbe auspicabile poter avere un documento ufficiale, dell’autorità sanitaria che sia il Ministero, l’Istituto superiore di sanità o la protezione civile”, sottolinea Starace. Auspico che ciò possa avvenire rapidamente per dare risposta alle richieste ed agli interrogativi di professionisti, utenti e familiari.