22 Gen E tu slegalo subito: una campagna di civiltà di Valentina Calderone
«E tu slegalo subito», un imperativo categorico scelto come titolo dalla neonata campagna per l’abolizione della contenzione, presentata ieri nella sala del Senato di Santa Maria in Aquiro. Un imperativo ma anche una risposta, quella che Franco Basaglia soleva dare agli operatori che gli chiedevano cosa fare di fronte a un paziente legato al letto. E tu slegalo subito, appunto.
Moltissime le sigle, le associazioni e i singoli riuniti ieri a Roma per l’avvio di un progetto ambizioso, quello di far conoscere, per poi abolire, un istituto tra i più disumani ancora praticati nel nostro paese. La contenzione meccanica consiste nell’imprigionare gli arti della persona (il paziente) al fine di limitarne i movimenti, e la modalità più comune è quella di legare con delle fascette polsi e caviglie ai quattro angoli dal letto. Una moderna crocefissione, per impedire gesti di autolesionismo, comportamenti violenti, o anche semplicemente per “placare” stati di agitazione.
Gisella Trincas, presidente di Unasam, ha affermato che la contenzione rappresenta la “sopravvivenza di una pratica manicomiale dopo la chiusura dei manicomi” e insieme a lei sono intervenuti Vito D’Anza del Forum salute mentale, Giovanna del Giudice della Conferenza permanente per la salute nel mondo Franco Basaglia, Stefano Cecconi della Cgil, solo per citare alcuni dei promotori della campagna. Tutti hanno espresso forte preoccupazione per una pratica quasi sconosciuta e utilizzata quotidianamente nei reparti psichiatrici, nelle residenza per anziani, all’interno della neuropsichiatria infantile. Anche il senatore Luigi Manconi ha voluto evidenziare come «sia le violazioni dei diritti sia le violenze sono ben visibili dentro istituzioni come carcere e Cie, mentre in quei reparti diventano fisiologia oscura e occultata». Per questo, propone Manconi, sarebbe importante avviare una Commissione di inchiesta parlamentare per valutare e monitorare un fenomeno così diffuso.
Firmatarie dell’appello e presenti alla conferenza anche le senatrici Nerina Dirindin, Manuela Granaiola e la deputata Marisa Nicchi. In Italia esistono trecentoventi servizi psichiatrici di diagnosi e cura (Spdc), e in trecento di questi è tutt’ora in vigore la pratica di legare i pazienti. Se non si vede con i propri occhi è difficile capire, e a questo scopo può aiutare lo straordinario lavoro della regista Costanza Quatriglio che con il suo 87Ore racconta, attraverso le immagini di alcune telecamere di videosorveglianza, la lenta agonia di Francesco Mastrogiovanni. Un maestro elementare, Mastrogiovanni, che nel 2011 ha perso la vita a seguito di una interrotta contenzione durata quasi quattro giorni, o Giuseppe Casu, che nel 2006 è morto dopo essere stato legato al letto per una settimana. Si tratta, quindi, di vicende estremamente attuali, di cui ci portano dolorosa testimonianza Grazie Serra, nipote di Mastrogiovanni e Natasha Casu, figlia di Giuseppe, entrambe firmatarie dell’appello.
Per questo è difficile comprendere come sia possibile che l’ultima (e unica) ricerca scientifica promossa dal ministero della Salute sul tema risalga al 2004, soprattutto quando il risultato di quell’indagine dimostrava come si legasse in più del 80% dei reparti. Lo ha affermato, per l’ennesima volta e senza alcuna ambiguità, il Comitato Nazionale di Bioetica, che in un parere dell’aprile 2015 concludeva ribadendo «la necessità del superamento della contenzione, nell’ambito della promozione di una cultura della cura rispettosa dei diritti e della dignità delle persone, in specie le più vulnerabili».
Certo, superare la contenzione sarà impresa ardua se è vero che nelle scuole di specializzazione in psichiatria viene insegnato a legare. È una questione culturale, e il processo di cambiamento può essere aiutato anche da piccoli, e grandi, gesti di disobbedienza da parte degli operatori, perché abolire questa pratica significa anche avere a cuore le sorti di chi è costretto a legare. Come affermava lo psichiatra Piero Cipriano nell’intervento conclusivo, parafrasando Basaglia, abolire la contenzione è un fatto urgentemente necessario, se non semplicemente ovvio.